C’era una volta un villaggio nascosto tra verdi colline, dove il
suono del martello scandiva il ritmo della vita quotidiana. Qui
viveva Remo, un giovane fabbro dalle mani forti e dal cuore tenero. I
suoi giorni erano contrassegnati da scintille e sudore: al sorgere
del sole già modellava il ferro, e quando la luna illuminava il
cielo, il calore della sua fucina ancora brillava nel buio.
Il
giovane lavorava senza sosta, perché sapeva che ogni chiodo, ogni
lama e ogni ingranaggio che forgiava era parte di un disegno più
grande: la forza stessa del villaggio. I contadini contavano su di
lui per riparare gli aratri, i carpentieri per ottenere chiodi
robusti, e persino i musicanti della locale banda gli chiedevano di
modellare le delicate chiavi dei loro strumenti. Il suo lavoro non
era solo fatica e sudore: era il ‘cordone ombelicale’,
invisibile, che teneva unita la comunità.
Un giorno, il
primo maggio, mentre Remo era immerso nel suo lavoro, una fanciulla,
Susanna, entrò nella fucina con una rosa rossa tra le mani.
«Perché
mi porti un fiore?» chiese il giovane fabbro, asciugandosi il sudore
dalla fronte.
«Perché tu dai vita alle cose che ci
rendono felici» rispose Susanna, con un sorriso. «Senza di te, le
ruote smetterebbero di girare, i cancelli di aprirsi, i giocattoli di
rallegrare i bambini. Ma chi si prende cura di te?»
Remo
rimase in silenzio, per la prima volta osservando le sue mani: forti,
segnate dal tempo, ma solitarie. Comprese che il lavoro era il
pilastro della vita, ma che la dignità di ogni lavoratore meritava
rispetto e riconoscimento. Decise, quindi, che avrebbe insegnato ai
suoi compaesani un nuovo valore: quello della riconoscenza.
Così,
ogni primo maggio, il villaggio si fermava. Gli aratri restavano
fermi nei campi, le fucine spegnevano i fuochi, i mercanti chiudevano
le botteghe. E ognuno portava un fiore a chi, con il proprio lavoro,
costruiva giorno dopo giorno il benessere della comunità.
Da
allora il primo maggio divenne il simbolo del villaggio: forza e
bellezza, fatica e rispetto, lavoro e vita intrecciati per sempre in
un unico battito.
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