C’erano una volta, nel magico Regno delle Parole, due cugini: Comperare e Acquistare; sebbene simili nel significato, ciascuno aveva un’origine e una personalità propria. Comperare era il più anziano dei due, nato dal latino volgare ‘comparare’, che significa “procurarsi” o “ottenere”. Acquistare, più raffinato, proveniva anche lui dal latino ‘acquisitare’, a sua volta da ‘acquirere’ (ottenere, aggiungere). Le loro radici diverse li rendevano, dunque, unici e complementari.
Comperare
era amato per la sua semplicità e colloquialità, sempre presente
tra la gente comune. Lo si poteva udire al mercato: “Vado a
comperare il pane” o “Ho comperato dei fiori per il terrazzo.”
Acquistare, invece, preferiva i contesti formali e professionali,
come nei discorsi ufficiali: “Ho acquistato un immobile” o
“Consiglio di acquistare i biglietti in Rete.”
Un
giorno, i cugini decisero di partecipare a un concorso per il Verbo
più Versatile del Regno. La giudice unica, la Regina Lingua, propose
loro di dimostrare la propria utilità con esempi pratici. Comperare
prese la parola per primo: “Io sono il verbo della quotidianità!
Si può dire:
Ho comperato un giocattolo per mio figlio.
Vuoi
comperare qualcosa prima di andare al cinema?”
Acquistare
intervenne con raffinata eleganza: “Io sono il verbo delle grandi
occasioni. Eccone alcuni esempi:
Ho acquistato una nuova auto di
lusso.
È importante acquistare il ‘software’
aziendale.”
La Regina Lingua, dopo un interessante
dibattito, soddisfatta, dichiarò: “Carissimi cugini, siete
entrambi indispensabili! Comperare, tu porti calore e semplicità.
Acquistare, tu aggiungi eleganza e formalità. Siete una coppia
preziosissima, e il Regno delle Parole non sarebbe completo senza di
voi.”
Sia comperare sia acquistare esprimono, dunque,
l’azione di ottenere qualcosa in cambio di denaro, ma si adattano a
contesti diversi: comperare alla quotidianità e alla colloquialità,
acquistare alla formalità e alle situazioni professionali.
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