Riprendiamo la nostra breve "carrellata" sulla lingua "biforcuta" della stampa. Dopo l'aggettivo e sostantivo "addetto" che secondo alcuni soloni di un quotidiano in rete si costruisce con la preposizione "di" e non con la "a", come prescrive la grammatica della lingua italiana, vediamo qualche altro strafalcione.
Cominciamo (anzi ri... cominciamo) dall'avverbio "meno" adoperato, nelle frasi disgiuntive, con il significato (errato) di "no": «La commissione deve decidere se approvare l'emendamento o meno». La forma corretta è "decidere se approvare o no l'emendamento". Il "la", nota musicale, non si accenta mai. Abbiamo letto su un giornale, che non citiamo per carità di patria, che «il segretario del partito ha dato il là alle consultazioni». Il "la" si accenta solo quando ha valore di avverbio di luogo: fatti piú in là.
Il verbo impartire significa "dare", "distribuire tra due o piú persone" e non può essere adoperato con l'accezione di "concedere". Il generale, per tanto, "impartisce" (cioè "dà") gli ordini; il presidente della Repubblica concede, invece, la grazia, non la "impartisce". Ci è capitato di leggere anche questa smarronata in un articolo di un cosí detto opinionista che si picca di "fare la lingua". Ma forse voleva dire una "boccaccia linguistica".
Dite voi, amici, se questa non è una lingua "biforcuta".
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La parola proposta da questo portale, ripresa dal Treccani, è: tiflografo*. Strumento mediante il quale i ciechi possono scrivere in modo leggibile per i vedenti; è costituito da un regolo mobile che, opportunamente manovrato, permette al cieco di conservare la dirittura delle righe e controllare la successione delle lettere.
* Tiflo-
* Tiflo-