Da questo portale abbiamo sempre condannato l’uso dei barbarismi perché la nostra lingua è ricca di vocaboli che fanno alla bisogna per ogni occorrenza. La stampa, imperterrita, continua a... “propinarceli” a ogni piè sospinto. Pazienza. Li adoperi, però, correttamente. Le pagine economiche dei quotidiani sono piene di “no-profit” la cui grafia corretta è, invece, nonprofit. Questo profitderiva dal latino proficere che significa “avvantaggiare” ed è confluito nella lingua anglosassone tra il Cinquecento e il Seicento per poi tornare, “imbarbarito”, in patria. Il vocabolo indica, in genere, quelle organizzazioni che nella loro missione non hanno come fine ultimo il raggiungimento del profitto (“avvantaggiarsene”): il termine piú adoperato è not for profit. Un’azienda, quindi, è nonprofitquando l’utile che consegue non è ripartito tra i soci ma reinvestito nella sua attività.
Non profitè una locuzione giuridica di derivazione inglese a sua volta derivata dal latino che significa senza scopo di lucro e si applica ad organizzazioni i cui avanzi di gestione utili sono interamente reinvestiti per gli scopi organizzativi. In italiano si traduce generalmente con non lucrativo o non a scopo di lucro.
(da Wikipedia)
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La parola proposta da questo portale: inzampognare. Verbo che vale "infinocchiare", "ingannare" e simili. Si veda anche qui.