Ci dispiace dover censurare, di tanto in tanto, la “lingua” degli operatori dell’informazione, quelli della carta stampata particolarmente, anche se molti di questi posseggono una laurea in lettere e si piccano di “fare la lingua”; non è sufficiente una laurea in materie letterarie per potersi fregiare del titolo di “linguista”. Non possiamo, dunque, rimanere impassibili davanti a orrori ortografici di cui è infarcita la stampa e gli “opinionisti” non possono piú addebitarli alla “svista” dei correttori di bozze, categoria professionale ormai estinta: l'orrore è tutto loro. Vediamo, dunque, sfogliando a caso qualche quotidiano, alcune “indecenze ortografiche”, in corsivo gli orrori. L’arrestato, per farsi compatire, camminava a mò d’ubriaco; con quel pò pòdi alterigia era naturale che tutti lo snobbassero; nella casa degli orrori è comparsa la scritta villa d’affittare; in quella notte tranquilla gl’astri brillavano sullo sfondo azzurro; nessun’ uomo, di questi tempi, può sentirsi tranquillo se abita una villa isolata; qual’è il difetto peggiore, domandò all’intervistata; il suo comportamento è veramente d’ ammirare; gl’ umori degli astanti non lasciavano presagire nulla di buono; il suo modo di fare è pressocché inaccettabile; il ragazzo è uscito dal coma grazie all’attente cure della mamma; sei proprio un bel angelo, disse la mamma al figlioletto; fate attenzione, recitava un cartello affisso nella fabbrica, gl’ acidi sono nocivi alla salute; l’auto dei banditi non ha rispettato l’alt della polizia e ha accellerato la corsa; l’uomo è stato investito sulle striscie pedonali; il ministro ha, però, ribadito che non tutti beneficierannodelle agevolazioni; ieri siamo andati havedere uno spettacolo meraviglioso; il ricercato scorazzava tranquillamente per la città; il luogo dell'incidente è prospicente la chiesa. Potremmo continuare, ma non vogliamo tediarvi oltre misura.
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La parola proposta da questo portale: paperaio. Sostantivo maschile derivato da papera con l'aggiunta del suffisso collettivo"-aio". Termine non comune, atto a indicare un gruppo di persone, donne in particolare, che si comportano in modo ridicolo e chiassoso.