Probabilmente le nuove leve del giornalismo non sanno che prima dell'avvento dell'informatica il redattore che - fuori sede - dettava le notizie alla redazione centrale era chiamato "trombettiere". E a proposito di tromba, ci piacerebbe conoscere il motivo per cui tutti i vocabolari concordano nel definire "trombettista" il musicista che suona la tromba. Il termine ci sembra quasi offensivo essendo un derivato di trombetta. La... trombetta, infatti, indica la "tromba per bambini". A nostro modo di vedere il maestro sonatore di tromba si deve chiamare, correttamente, "trombista", da "tromba" piú il suffisso "-ista". Questo suffisso indica, infatti, la persona che segue una determinata attività. Se da chitarra abbiamo "chitarrista", da violino "violinista", da batteria "batterista" ecc. non vediamo per quale illogico motivo non si possa dire "trombista".
Abbiamoavutomododiconstatareilfattochealcuniinsegnantinonsisaperqualemotivo logico-grammaticale–sostengono cheilcomparativodimaggioranzadell’aggettivo“bene”èsoloe soltanto (si perdoni latautologia)“meglio”e che laforma“piú bene” è tremendamente errata. Se cosífosse (ma nonloè), costorodovrebberocondannareil“menobene”lacuicorrettezzaè inconfutabile.Sipuòbenissimodireescrivere, invece, chePasquale parla il francese “piú bene” di Mario, anche se, per la verità, è preferibilelaforma“meglio”.Perlenormecheregolanolanostra linguaentrambiicomparativisonocorretti. Tuttavia –èbene precisarlo–èpreferibilel’usodi“meglio”inluogodi“piúbene” quandoilcomparativo di‘bene’assumeilsignificatoavverbiale di“inmodomigliore”; useremo“piúbene”, invece, se ‘bene’ ha valoredisostantivoconilsignificatodiun“benemaggiore”:ha fatto“piúbene”luiallacausa,induegiorni,chenonAnselmoin cinque anni.
Forse pochissime persone sanno che non c’è solo la dialisi medica, ma anche quella linguistica, di cui, purtroppo, la maggior parte dei così detti sacri testi non fanno menzione. Vogliamo vedere di cosa si tratta? È una figura retorica (simile all’iperbato) che consiste nell’interrompere la continuità di un periodo mediante un inciso. Viene dal greco dialyein, "separare"; separa, quindi, con un inciso le parti di un periodo. Un bell’esempio dantesco: «Parte sen giva, e io retro li andava, Lo duca…» (Inferno XXIX, 16-17). Nella retorica classica era cosí chiamato anche l’asindeto, vale a dire un costrutto senza congiunzioni.
PS.: l’iperbato – è bene ricordarlo – è la rottura dell'ordine naturale della proposizione o del periodo al fine di ottenere particolari effetti espressivi.