Il modo di dire (il titolo) che avete appena letto significa "mettere qualcuno alla berlina". Quest'espressione, probabilmente, è poco conosciuta derivando da un vocabolo raramente usato: la rosta, appunto. Il termine, intanto, proviene dal longobardo “hrausta” (frasca) ed è una sorta di ventaglio fatto di frasche o anche di cartoncino a forma di quadrilatero che si usava all’inizio del secolo scorso. Quando veniva “azionato” metteva in evidenza figure molto spesso burlesche, o scritte satiriche, sulle due “facce”, elaborate dai letterati dell’epoca, che mettevano, cosí, alla berlina, vizi e cattive usanze. Metaforicamente, quindi, si mettono sulle roste le persone da “satireggiare” per i loro cattivi comportamenti.
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"Imperfezioni orto-sintattico-grammaticali"
Pilucchiamo qua e là, senza un preciso ordine logico, ma come ci vengono alla mente, dal linguaggio comune alcuni strafalcioni o “imperfezioni orto-sintattico-grammaticali” che gli amatori della lingua devono assolutamente evitare. Cominciamo con il verbo “tenere” adoperato, il piú delle volte, con il significato di “possedere”, “avere”. Tale uso è da non seguire essendo di carattere prettamente dialettale; il significato proprio (e “corretto”) del verbo è “sostenere”. Non si dirà, per tanto, “tengo una bella casa” ma, correttamente, possiedo una bella casa. Da evitare anche - se si vuole parlare e scrivere bene - la locuzione “tenere il letto” nel senso di “stare, rimanere a letto”. Questo verbo, inoltre, non è sinonimo - come molti erroneamente credono - dei verbi “reputare”, "stimare" e “giudicare”. Le espressioni comuni, quindi, “tenere in molto o poco conto”, “tenere in molta o poca considerazione” una persona sono da gettare, decisamente, alle ortiche. Sí, sappiamo benissimo che molte “grandi firme” le adoperano a ogni piè sospinto, ma sappiamo, anche, che molte grandi firme usano la lingua a loro piacimento: non rispettano assolutamente le piú elementari norme grammaticali. Voi, amici blogghisti amanti della lingua, non seguite questi esempi "deleteri". Non adoperate - come abbiamo letto in una grande firma del giornalismo, che non nominiamo per carità di patria - il verbo tenere nelle accezioni di: importare, desiderare, volere, premere. Sono tutte forme dialettali e di conseguenza orrendamente scorrette in uno scritto sorvegliato. Ancora. Il verbo “marcare”, che etimologicamente sta per “segnare, contrassegnare con marchio”, “bollare”, non si può adoperare - sempre che si voglia parlare e scrivere correttamente - come sinonimo di “annotare”, “prendere nota”, “registrare” o con il significato, obbrobrioso, di “rimarcare con la voce”. In quest’ultimo caso ci sono altri verbi che fanno alla bisogna: accentuare, caricare, rafforzare. E finiamo con l’aggettivo “marrone” che non va mai pluralizzato. Diremo, quindi, guanti marrone; scarpe marrone (non “marroni”) in quanto si sottintende “del colore del marrone”, cioè del frutto del castagno: due vestiti (del colore del) marrone.
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