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Sgroi - 99 - Lo "smart working" e il presidente del consiglio Mario Draghi

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di Salvatore Claudio Sgroi

 

         1. L'evento politico mediatico

Un caro amico filologo a cui piace navigare in Internet, qualche giorno fa mi ha girato in una e-mail il link di un discorso del presidente del consiglio Mario Draghi, tenuto al centro vaccinale di Fiumicino.

Mario Draghi, leggendo il suo comunicato (venerdì, 12 marzo) in cui tra l'altro diceva:

 "Per venire incontro alle esigenze delle famiglie abbiamo deciso, già nel decreto di oggi, di garantire il diritto al lavoro agileper chi ha figli a didattica a distanza o in quarantena. Per chi svolge attività che non consentono lo smart workingsarà riconosciuto l'accesso ai congedi parentali straordinari o al contributo baby setting"  

 ha interrotto in questo punto la lettura del suo testo per inserire il seguente commento metalinguistico, come se il testo fosse stato scritto non da lui ma da un ghost writer:

          "Chissà perché io devo sempre usare tutte queste parole inglesi... questo..."

 1.1. Strategia nell'uso degli anglicismi

Da rilevare che si tratta di un testo ufficiale e che l'illustre locutore per il primo anglicismo ha adottato la strategia, seguita anche dagli scrittori, di adoperare dapprima il traducente italiano -- lavoro agile -- ben noto e diffuso anche con la "benedizione" del gruppo "Incipit" dell'Accademia della Crusca, a cui è poi seguito come variatiostilistica il dono inglese "smart working", a sua volta non meno diffuso.

 2. L'intervento del presidente della Crusca, Claudio Marazzini

La "riflessione a voce alta" di M. Draghi è stata l'occasione perché il presidente della Crusca, Claudio Marazzini, in un'intervista di Gaia Rau su "la Repubblica" di Firenze, del 14 marzo (segnalatami da un altro amico, cybernauta), rincarasse, per così dire, la dose -- in un'ottica neopuristica (in quanto alla Tappolet anglicismi "non necessari", ma "di lusso") -- a proposito dei "termini anglofoni utilizzati impropriamente, e perfettamente sostituibili con equivalenti italiani".

Ovvero ha selezionato altri 13 lessemi tra "gli anglicismi più abusati e di cui potremmo facilmente fare a meno" ricorrendo a una "loro traduzione italiana".

"Lo 'smart working' -- ha così confermato -- non è altro che il 'lavoro agile'". Mentre baby sitting "possiamo tradurla semplicemente -- ha precisato -- con assistenza dei bambini”.

          2.1. Baby sitting (e babysitteraggio, babisitteraggio) nella lessicografia italiana

Il traducente italiano di Marazziniassistenza dei bambiniè un suggerimento anche per la lessicografia italiana che registra la voce baby sitting senza alcuna esterofobia e ne indica un possibile traducente, alla pari, in babysitteraggio, babisitterraggio.

Il lettore che cercasse l'avallo normativo dei dizionari per l'uso di baby sitting rileverà infatti che, se baby sitting manca nel De Mauro 2000, il Garzanti-Patota 2013 registra baby-sitting (anche senza trattino e anche univerbato) nella sola pronuncia/bebi'sittiŋg/ italianizzata e definito "l'attività, il servizio di bay-sitter". Senz'alcuna valutazione negativa.

Lo Zingarelli 2020 riporta da parte sua il lemma baby-sitting (con trattino), datato 1980, con duplice adattamento della pronuncia /bebi'sittin(g)/ in italiano rispetto a quella originale /'bbi,sıtıŋ/ e senz'alcun traducente italiano.

Il Sabatini-Coletti 2007 lemmatizzababy-sitting con pronuncia ingl. e una sola "pr. adatt." /bεbi'sittiŋ)/, datata 1980, definito però col sin. babysitteraggio. Quest'ultimo a sua volta lemmatizzato con la variante grafica babisitteraggio,definito "Attività e servizio di bay-sitter. Sin. baby-sitting".

Anche il Devoto-Oli-Serianni-Trifone 2020 lemmatizza babysitting con due varianti di adattamento alla fonologia dell'italiano, con la data 1980, e col rinvio al traducente babysitteraggio datato a sua volta 1994, definito "Servizio di assistenza ai bambini durante l'assenza dei genitori", e senz'alcuna raccomandazione "per dirlo in italiano", come invece fa per vari altri stranierismi.

Il Treccani-Simone 1989 rist. 2009, omette infine baby sitting ma lemmatizza il traducente babysitteraggio (mest.) "Attività, lavoro, funzione di baby-sitter", con l'es. ho fatto due anni di b."

 

3. Francesco Sabatini e le 4 regole per l'uso degli stranierismi

Nella consueta trasmissione di domenica su Rai-1 "UnoMattina in famiglia", "Pronto Soccorso linguistico" anche Francesco Sabatini è intervenuto il 14 marzo ore 8.30, per commentare con compiacimento il rilievo critico di Draghi, e ricordare le 4 regole da adottare per l'uso degli stranierismi. Ovvero:

1° conoscere il significato del termine

2° saperlo pronunciare      

3° saperlo scrivere

4° accertarsi se l'interlocutore lo conosce o no.

Un grammatica "normativa", questa di Sabatini, condivisibile certamente per la regola (semantica) n.1 e la regola n.3 (ortografica), mentre per la regola n.2 (fonologica) è spesso inevitabile un adattamento alla fonologia dell'italiano come su indicato § 2.1 (magari non nel caso dell'anglofono Draghi) . E quanto alla regola n.4 relativa alla competenza dell'interlocutore, è sempre una scommessa, legata al livello culturale del destinatario, non sempre noto.

Diversamente, se ne deduce, che per Sabatini è necessario ricorrere a un traducente italiano.

 

4. Il "duetto" V. Della Valle - G. Patota

Immancabilmente, nella trasmissione su RAI-3, Le parole per dirlo, delle 10h.20 della stessa domenica, non è mancato un commento di Geppi Patota al commento di Draghi "illustre critico" riguardo alle parole straniere, con la sua "protezione dall'alto" a favore dei traducenti/equivalenti  italiani, mentre Valeria Della Valle "benediva" il playback del critico musicale Ernesto Assante, ospite nella trasmissione dedicata alle canzoni, in quanto termine "ormai affermato" ovvero (neopuristicamente) stranierismo "necessario" e solo parafrasabile.

 

5. Quesito di un amico

Qualche giorno dopo l'e-mail di cui sopra, un altro caro amico, anch'egli filologo, mi ha inviato la seguente e-mail:

"Caro SC,

ma tu cosa pensi della traduzione di smartworking con lavoro agile?

Un mio amico 'radicale' mi chiede se non rappresenti una manifestazione di 'sudditanza' all' (ideologia) anglosassone più marcata dell'uso della parola inglese.

Intanto un caro saluto"

 

6. Risposta "laica" dinanzi al problema degli stranierismi in italiano

La mia risposta "laica" dinanzi al problema degli anglicismi, e degli stranierismi in generale, è la seguente. L'uso degli angli(ci)smi non è una manifestazione di 'sudditanza' all'(ideologia) anglosassone", ma è il riflesso del prestigio (storico-politico-economico-scientifico-culturale...) dell'anglo-americano. Un fattore che è un universale linguistico nel contatto inter-linguistico, che non costituisce un attentato alla identità di una lingua, o di 'infedeltà linguistica', ma è un'occasione di arricchimento  nel caso dei prestiti sia "di necessità" (a livello denotativo) che "di lusso" (a livello connotativo). Il ricorso agli stranierismi non è peraltro obbligatorio ma resta a discrezione del parlante, che di volta in volta valuterà la possibile scelta in funzione sia della precisione denotativa (soprattutto nel caso dei tecnicismi) sia della valenza comunicativa legata ai livelli culturali degli interlocutori. Un problema peraltro analogo nel caso dei tecnicismi nazionali o delle sigle, che spesso rendono oscuro un testo.

 

 

Sommario

1. L'evento politico mediatico

1.1. Strategia nell'uso degli anglicismi

2. L'intervento del presidente della Crusca, Claudio Marazzini

2.1. Baby sitting (e babysitteraggio, babisitteraggio) nella lessicografia italiana

3. Francesco Sabatini e le 4 regole per l'uso degli stranierismi

4. Il "duetto" V. Della Valle - G. Patota

5. Quesito di un amico

6. Risposta "laica" dinanzi al problema degli stranierismi in italiano





 

 


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