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Scendere dal pero

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Questo modo di dire, probabilmente, non è molto conosciuto e di conseguenza poco adoperato. Si invita una persona a "scendere dal pero" affinché abbandoni un atteggiamento di superiorità, di snobismo e simili per rendersi conto di appartenere alla schiera delle "persone normali". La locuzione, insomma, si usa nei confronti di persone presuntuose e superbe. L'espressione richiama l'immagine di colui/colei che dopo essere sceso/a da una pianta molto alta vede tutto ciò che lo/la circonda in un'ottica diversa. Torna, insomma, alla realtà della vita quotidiana. Realtà oscurata dall'«altezza» (presunzione) dell'albero.

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Si presti attenzione al verbo lamicare, della prima coniugazione e intransitivo, perché nei tempi composti può prendere tanto l'ausiliare essere quanto l'ausiliare avere, ma non "ad capochiam". Prenderà l'ausiliare essere quando, usato nella forma impersonale, vale "piovigginare": giovedí èlamicato tutta la giornata; l'ausiliare avere, invece, quando indica - in senso figurato - il pianto dei fanciulli: il bimbo ha lamicato tutta la notte. Si veda qui e qui.




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La lingua "biforcuta" della stampa

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Domandiamo, con umiltà, ai titolisti del giornale in rete quando sono cambiate le regole ortografiche della lingua italiana. Da quando si possono apostrofare le preposizioni articolate plurali?

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