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Una disquisizione sulla lingua italiana

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Da  "La posta del professore" del sito Zanichelli:

Gentile professore,
 mi capita a volte di leggere testi che riportano (per esteso o in forma sintetica) entrambi i generi di uno stesso termine, graficamente disgiunti dalla barra di separazione.
È il caso di un messaggio diretto a più persone – tutte indicate in indirizzo – nel quale i pronomi ad esse riferiti sono riportati in forma simmetrica abbreviata “ognuno/a” e “ciascuno/a”.
A me pare che nell’esempio fatto, tale modalità oltre a nuocere al ritmo e all’estetica della comunicazione, sia doppiamente superflua in quanto i destinatari del messaggio sono ben identificati (per cui non occorre esplicitare i due generi dei pronomi) e i pronomi indefiniti ognuno e ciascuno sono di per sé inclusivi.
Così come sembra eccessivo precisare che gli alunni/e sono diligenti, che i/le docenti interrogano o, in forma più estesa, che gli studenti /le studentesse studiano, i colleghi/le colleghe lavorano… quando basterebbe la regola basilare del maschile unificante.
Credo che la parità di genere debba applicarsi in grammatica cum grano salis, quando è necessario evitare le ambiguità e facilitare la comprensione. In caso contrario i testi sarebbero illeggibili.
O dovremmo attenderci che in una Costituzione riformata allo scopo Tutti/tutte i cittadini/e hanno pari dignità o peggio, sospettare che nelle aule di giustizia la formula Tutti sono uguali davanti alla legge riguardi solo gli uomini?
Mi chiedo: Pirandello avrebbe mai titolato la sua opera “Uno/a, nessuno/a e centomila”?

 Che cosa ne pensa?
           Cordiali saluti.
                Maria

 
Gentile Signora, 
concordo con tutto ciò che lei ha così ben scritto. 
Il Professore 

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Le considerazioni della lettrice Maria sono condivisibili in tutto e per tutto. Ci spiace, però, "riprendere" il Professore: si concorda "su" qualcosa, non "con" qualcosa. Vediamo meglio. Concordare – questo verbo può essere tanto transitivo quanto intransitivo. Nel primo caso ha i significati di: “stabilire una cosa di comune intesa” e “riuscire a mettere d’accordo persone che sono tra loro in dissidio o in urto”, quindi  “comporre divergenze”, “superare contrasti” e simili:  Dopo lunghe trattative le varie fazioni hanno concordato un periodo di tregua;Giovanni e Mario hanno finalmente concordato uncomune piano d’azione. Nel secondo caso assume il significato di coincidere: le tue idee concordano, vale a dire coincidono con le mie. In questo esempio il verbo concordare è costruito in modo corretto con la preposizione con. Quando, però, il predetto verbo sta per “convenire”, “essere d’accordo” si deve costruire con la preposizione (semplice o articolata) su: concordo con te su quanto hai detto, sono, cioè, d’accordo con te sulle tue idee. Si è d’accordo (si concorda), insomma, su una cosa, non con una cosa. Quest’ultima preposizione si adopera esclusivamente con le persone: concordo con Luigi (su quanto ha esposto). Ci lascia perplessi anche quel "ben" troncato davanti a "S preconsonantica", comunemente conosciuta come "S impura".

 

 

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